Critica in semiotica estetica dell’Opera “Platytéra ton uranòn” di Roberto Roncaccia
Il pregiato simbolismo dell’iconografia bizantina del Roncaccia è sacro rituale, che rileva e insieme rivela la madre di dio, chiamata “Più spaziosa dei cieli”, poiché la vergine è segno archetipico che, fra il blu della trascendenza e il rosso dell’immanenza, gesta l’oggetto divino, Gesù l’Emmanuele, che significa “dio con noi”. L’artista partecipa del sacrificio nella materia lignea e della luce nell’albore gessato, sino alla conoscenza in dio, presentificazione dell’assenza, nell’oro filosofale. La vergine è segno d’accoglienza, che in grembo serba dalla morte ciò che trascorre e finisce, nell’amore al significato in dio. L’artista invita il fruitore ad essere come Maria la dimora di dio, ad essere umana eco della divinità nella parola.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti