Con soffici vocali
Fuori della porta appese a un chiodo
ho lasciato le parole di sempre
con la vecchia abitudine del mio amore per te,
e ora che ho bruciato i calendari
sciolto ogni legame e pregiudizio
sono libero come la nuvola e l’alba.
Chiuderò in una gabbia pugnali e bugie,
sillabe assennate e buone maniere,
accenderò lanterne rosse e bianche
perché nessun colore, nessun cielo mi sfugga.
Poi con soffici vocali sul palmo delle mani
risveglierò il nostro amore,
così che torni a diventare la mia casa
grande da nasconderci la gioia,
com’era al principio
per la strada dove ci amammo da ragazzi,
furtivi, ché non ci sorprendesse il destino.
Giulio Bernini
Critica in semiotica estetica della Poesia “Con soffici vocali” di Giulio Bernini
Il lucore limpido della parola del Bernini è assorgimento, dalla nube della parola all’alba del suono del sentimento, che diffonde. Il poeta cerca la parola nuda dell’abito del sapere, la parola scalza delle suole dell’abitudine, oltre il pensiero consolidato al costume sociale, per la sinestesia accesa dei sensi. Il poeta si richiama al furto prometeico alla deità del fuoco, della verità ignea e fugace dell’emozione, all’interiezione, alla vocale aperta dell’indistinzione, alla sorpresa di senso, di continuità nell’amore, alla gioia ferma dell’istante, fra memoria inconscia d’infinità e destino di dolore al becco aquilino della coscienza: nel libero gioco fanciullo, che fa e disfa la vita eterna.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti