Padre
Prima domenica d’estate,
dicesti ho inteso il tempo fermarsi.
Non serve sperare, attendere che il cuore
batta ancora,
ci porta l’orbita veloce
per finiti spazi sconosciuti,
soltanto resistono immagini, voci,
frammenti di anni vento e febbre,
nostalgia di te, di noi.
Mi sei vita e non posso chiamarti
non ci sei
il capo appena chino ad ascoltarmi
e un grido vince
e la terra è riposo vano,
sei respiro interrotto
presenza lacerata
che tocca il fianco e l’apre.
Il lampo del ricordo incrina il cielo,
eri oltre passato e futuro,
eri silenzio, unico varco
nella tenerissima distanza che ci univa.
Portavi il tuo nome con orgoglio,
invidiabile la bella dignità dell’addio,
eri già oltre
eppure nella radice del nostro stesso sangue
e più oltre ancora
tu vivi.
Giulio Bernini


Significazione critica della poesia “Padre”
di Giulio Bernini
La parola spezzata del Bernini dichiara la costitutiva imperfettibilità del sapere, la transitorietà, che rende l’identità segno e sintomo di un altrove, di una nostalgia, che insaziabilmente rimanda a un’unità dissolta. I versi del poeta partecipano il dolore, ma celebrano l’infinito possibile rincontrarsi fra le braccia eterne delle forze elementari e archetipiche della vita. La ricerca del paterno mancante supera la spazialità di un possibile smarrito, si apre all’ancora, un ancora differente, ma stesso, perché ugualmente intenso nel senso, nel valore. Il movimento del continuum della vita umana e cosmica, oltre l’identità singola, traccia l’appartenenza essente al tutto e la sensazione estatica dell’abbraccio alla vita, eternamente e ciclicamente presente, è liberazione dalla sofferenza della separazione, per la tensione al tutto unico e assoluto che lega le cose, dono dell’arte.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti