La melopea dell’ora
Cielo e mare, stanotte,
hanno un corpo di luna
che fiata silenzi
in mussole di nuvole
e organze di meduse.
Arpeggiano nel vento
aghi di pini come dita
e memorie d’acqua
lambiscono la riva asciutta
di un fallace approdo.
Echi di fondali si aggiogano
a trasparenze di basse maree
e, tra sabbia e rena,
è un sol tinnire
di conchiglie vuote, serti di corallo
e scheletri bianchi di ricci.
Pullula di audaci sogni
l’aria densa e scura
e, per quanto invano
si maledica quel buiore
che chiude lo sguardo
alle vampe del giorno,
ci si attarda incauti
in un muto dilagare d’ombre
a spigolare grani di ricordi.
E non c’è mano che cerca pelle,
né fiato che si fa voce,
solo la melopea dell’ora
là, dove un vento di terra
regala agli alberi spogli
un’insolita nostalgia di foglie.
Loretta Stefoni
Significazione critica della poesia “La melopea dell’ora”
di Loretta Stefoni
L’amplesso di corrispondenza al mondo della Stefoni regala la dimensione plurale immaginativa, che rompe il principio individuationis e invade il confine umano dell’elemento naturale. L’uomo, fra coscienza ed inconscio, è riflesso lunare e secondo, desiderio di senso ineffabile; eppure l’origine grembale e archetipica lenisce e alimenta le figure di una verità in errore. Costitutiva eco di profondità invisibili, ricettacolo e mancanza, la sensorialità della poetessa sposa percezione e ricordo, riconoscendo l’irrappresentabilità dell’inconscio nella meraviglia delle figure-maschere apollinee delle forme naturali. Tutto a trovare la dimensione residuale alla mutevole e mortale definizione di parola, nel canto di un’attesa: l’unico atto poietico e transitivo nella sinestesia dei sensi al mondo, nella nostalgia di completezza perduta.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti