Gli amanti tristi
Gli amanti
hanno amori di frontiera
per sopravvivere s’inventano sentimenti
(Ornella Vanoni)
Misurano le inutilità compresse nel viavai della gente, gli amanti tristi,
quasi a giustificare la consistenza dei giorni,
ogni giorno la sintesi di una fede
che striscia, come fa la pelle del pane, nei propri frammenti
dove l’abitudine scompare in un bicchiere di vino
che si beve le ombre
e l’attesa, robusta, si mostra come l’ultimo corpo
che il sudario dell’alba ha lavato.
Significano i resti dell’inizio nei giorni di pioggia, gli amanti tristi,
dove la vita si condensa nei sogni,
ogni sogno paradosso e padre del mondo
che rinunciano, come fa il vuoto in diagonale nel petto, alla fine
quando non si riconoscono più nei gesti
e il caffè, sterile e molle, li astrae in affanno e tensione,
quasi a perdonare il frutto lontano, e dimenticato, del cielo
nella raccolta dei nomi.
Non esiste il tempo, per gli amanti tristi, niente passa e tutto si perde,
l’orizzonte stringe l’aria, lavora l’involucro del cuore
e dilata le solitudini.
Si riconoscono, gli amanti tristi, dallo spazio esatto che li separa,
le dita in equilibrio,
la postura al presente,
l’incontro complementare,
le parole neutre,
la fretta,
e il distacco, né più né meno, dei sensi.
Sono malati d’orgoglio sotto il peso ancestrale del loro concerto, gli amanti tristi. E di commovente, e
inopportuna, nostalgia.
Davide Rocco Colacrai
Critica in semiotica estetica della Poesia “Gli amanti tristi” di Davide Rocco Colacrai
La parola viva e simbolica del Colacrai coglie degli amanti l’esigenza di esternare la connaturazione umana del movimento, per reificare la fuggevolezza del tempo nella vana speranza di afferramento del divenire. L’amante è frammento in tensione, che cerca il rovesciamento delle certezze e delle abitudini nel sogno inconscio e impossibile del tempo fermo. Il crollo dei valori del nichilismo affronta l’amante con la solitudine del leone nietzscheano: con la tracotanza della volontà, tenta di superare la necessità e, padrone di macerie, distrugge senza veramente creare. È dolore inguaribile al poeta l’alterigia di chi preclude alterità e inutilmente presume, con la traslazione del chasma di Ecate, discesa iniziatica nel grembo, la riconquista della presenza e dell’infinitezza di sé.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti