Fotogrammi
Quando il mio io
esce dal sogno,
il ricordo
porta solo
fotogrammi di dolore.
Se voglio fuggire,
mi ferma quell’agenda:
le ore della vita
diventano nomi
e i nomi diventano ore.
Lo stampatello
rende più leggibile
l’inutile ripetersi
di ogni cosa.
Guglielmo Spotorno


Critica in semiotica estetica della Poesia “Fotogrammi” di Guglielmo Spotorno
La parola semplice e profonda dello Spotorno è viva presenza visiva, che delinea il profilo segnico della condizione umana. L’uomo è fotogramma, letteralmente parola iscritta nella luce della coscienza, nella costitutiva condanna al desiderio impossibile di continuità e totalità della visione della verità, che resta invece sogno inconscio. Nella turbolenza di un’azione di vita, la coscienza è mera somma di singoli istanti in cui la vita si arresta e si guarda e l’eros si perde nella sublimazione rappresentativa. La metafisica della scrittura intrappola l’identità entro la morsa temporale della finitudine del nome, schisi di un essere in maschera e destinato al ruolo sociale. La vita umana è rito al poeta, esigenza cosmologica che dà ordine culturale al dato naturale, ma la ripetizione analogica dell’azione, la vita riflessa, mai appaga il desiderio ineffabile di vita diretta, celata e fremente.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti