Critica in semiotica estetica dell’Opera “Virus” di Luigina Massaria
I piani metafisici della Massaria, sospesi in proiezioni spaziali immobilistiche, d’arsura e di sofferenza, con profonda amarezza denunciano la solitudine e l’alienazione dell’uomo moderno, che per un’assurda e angosciante volontà di autoaffermazione, paradossalmente, cancella la propria identità, nell’atto stesso di negazione della sua differenza. Le campiture dell’artista gridano senza riserve, senza edulcoranti metafore, lo status mutilo, anonimo e desertico della coscienza che si priva del dialogo vitale con l’alterità.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti