Dalle finestre d’agosto
Si vestono le finestre
nel tardo meriggio d’agosto
di sguardi accaldati e indolenti,
di mani stanche sulle fronti inquiete.
Piccoli voli, nel cielo di piombo,
graffiano l’orizzonte uguale e fisso.
Tra le case serrate
e i vicoli deserti
s’agitano chiaroscuri e rumori
– di foglie che rotolano piano –
nell’alito caldo del vento,
– di gatti che miagolano alla sera –
che torna.
Stanno così, i vecchi,
a pensare ai figli lontani
mentre lontano una campana chiama.
Strusciano i passi
la povera borsa al petto serrata,
un segno di croce, un inchino abbozzato
le mani giunte sul cuore,
gonfio d’un pianto legato alla gola.
E restano così – i vecchi – soli –
nell’ora del tardo meriggio,
nell’ora dei vespri in agosto,
morendo un poco ogni sera che torna.
Franca Maria Canfora
Critica in Semiotica Estetica della Poesia “Dalle finestre d’agosto”
di Franca Maria Canfora
Malinconico, panico e musicale il verso metaforico della Canfora, con semplici parole, ancora gravide di sensi, dipinge uno struggente quadro agostano. Sono veli lo sguardo e la mano della senescenza, che rinviano ad un significato di dolore in un contesto di solitudine e più ancora sospinge il segno della solidità del cielo, della fissità dell’orizzonte, della segregazione della casa, del raccoglimento, dell’inerzia, della nostalgia e della voce della campana, a dire di una solitudine più grande, la solitudine altra della notte, della morte.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti