Ibi nunc sum
(Qui ora sono)
L’ultima invocazione mi rimase in petto
nel tragico momento dell’estremo passo:
“Mamma, non mi scordare”
e neanche l’arma cadere
feci in tempo a sentire
che il silenzio mi avvolse
col suo drappo di nero dolore.
E fui subito croce, universo perduto,
cielo smarrito, brezza di vento,
fui pensiero di sera, preghiera.
Qual è il senso del vivere
se poi a vent’anni si muore?
Qui ora sono, ombra di una stele,
ricordo da dimenticare,
riflesso di luce lunare,
concerto di altri fratelli
in un sogno che era di vivere ed amare.
La terra umida che di me farà un fiore,
come un figlio mi accolse
e nasconde all’umano dolore
il pianto dei miei occhi
che, pur ciechi ad ogni terreno anelito,
l’orrore della guerra non potranno scordare.
Il fazzoletto che partendo vidi agitare,
raccoglie adesso lacrime di dolore
che io vorrei, ma non posso asciugare,
e quando per tutti sarà spento
il ricordo della guerra e dell’orrore,
a lei segneranno ancora il volto
al pensiero di una ferita sempre aperta
e di un figlio che mai muore.
Alvaro Staffa


Critica in semiotica estetica della Poesia “Ibi nunc sum” di Alvaro Staffa
In una dondolante melodia struggente, il verso dello Staffa trattiene con amaro incanto l’eco dolorosa del perduto, memoria eternante di un’assenza, vivida nei sensi amanti e devoti di una madre, mancante di sé nel figlio caduto. L’orrore della guerra lascia, qui e ora, imperituro nella viva contingenza dei sensi lacerati e nega, con l’esistere dell’altro, l’essere stesso dell’uomo, che non è che risultante accordo di note, derivato concerto di voci.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti