Ho costruito e distrutto
Ho costruito e distrutto le aurore
che accarezzavo al suo nascere;
ridotto in brandelli le mie gioie
E perso ora fuori dalle mura.
Una triste barca lacerata, laggiù
approda a passi lenti sulla terra,
e conduce a riva cuori e anime
a cercare altre false speranze.
Umido e nebbia impercettibili
Si posano sulle mie guance
Come il destino che si poggia
sulle labbra degli amanti.
Eppure le sfumature invisibili
riesco a percepire nettamente:
il verso degli uccelli compatti,
la neve che si poggia solitaria.
E levandomi sulla punta dei piedi
per occultare i miei duri passi
mi accingo a camminare scalzo
con in mano una croce sbiadita.
Ho costruito e distrutto la brama
di ricercare il senso della morte;
e con in mano un ramo sottile
ho già dimenticato dove ho pianto.
Marcello Di Gianni
Critica in semiotica estetica della Poesia “Ho costruito e distrutto” di Marcello Di Gianni
La quartina amara e soliloquiale del Di Gianni è la cadenza rituale di una speranza disperata, per il tempo del fanciullo cosmico eracliteo, che crea e distrugge i mondi come i modi di se stesso. È l’innocenza del presente, che è nebbia e oblio, è il gioco del divenire che accetta il nichilismo della morte del divino e ascolta la morte del senso, per un senso nuovo, che cammina sotto i sensi aperti. Non c’è causa, né fine, se non l’accadere eternamente ritornante, libero e necessario fra coscienza e inconscio, del nascere e del perire.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti