Notte di malinconia
Dei muti spazi
Il lago gelido riflette
Misteriosi argentei abissi
A smarrirmi
Tutto un fremito
Il cantor della notte, l’usignolo
Trepido prigioniero mesta melodia
Di cieli liberi abisso di stelle
Degli spazi cinguettava libertà
Io prigioniero socchiusi ho gli occhi
Aperto ho la cella al prigioniero
Un trillo di gioia melodia che si allontana
Senza lacrime il pianto del ricordo
Mi sussurrava di te
Nella solitaria sera lagrime di sale sazie
Di un amore mai fiorito
Del canto d’amore sognato
Di note di solitario violino alla luna calante
Geme il mio cuore singhiozza
Invitanti le acque corrusche
Del lago chiamano
A dare la pace nell’oblio.
Rodolfo Damiani


Critica in semiotica estetica della Poesia “Notte di malinconia” di Rodolfo Damiani
Continua e incessante, la parola inarcata del Damiani, salta e sutura gli spazi muti di senso, a lenire la ferita dell’uomo mancante di sé alla natura, a liberarsi dalla prigionia di finitudine della condizione segnica nel canto poetante e umbratile dell’usignolo, al volo inarrestabile del significato, finché i sensi, travolti dalla sinestesia della memoria d’amore, non naufraghino, oltre la rappresentazione, all’oblio delle sole note del cuore.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti