Critica in semiotica estetica dell’Opera “Giovanni” di Donato Musto
L’umbratile simbolismo del Musto omaggia il prodromo profeta in qualità di segno che precorre la verità, che messaggero ne preannuncia la rivelazione al grido di una voce nel deserto, che muore della sua stessa parola. Eppure, la parola muore e rinasce: è porta solstiziale aperta dal visibile all’invisibile per gli uomini, preghiera di auspicio della luce. La morte crisalidea dello sguardo cosciente rivela il segreto universale della trasformazione, dell’azione che libera oltre la forma del sacrificio di decollazione, in aperto transito di resurrezione al divino essere.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti