Poesia triste

Chi mi ha rubato la tua voce amata?
Non ho più per me
quel luogo incantato
dove mi regalavi musica e parole
nate dalle tue labbra
per nutrirmi l’anima.
Senza te si è raggelato il vento,
si è fermato il battito del mio strumento,
senza più lo spartito
di un concerto infinito
che mi faceva vivere e vibrare.

Note armoniose mi hanno accompagnato
in uno spazio e tempo che non può tornare;
mentre ti aspetto
la tua armonia risuona nella mia mente
e diventa assordante
questa nostalgia.

Rincorrerò il ricordo della tua voce
in ogni suono del mare
e nel sospiro del vento,
nelle canzoni d’amore che ascolterò per te,
come una dedica o una preghiera,
finché verrà la sera,
quando sarà il tuo nome
l’ultimo mio respiro.

Giuseppina Crifasi


Critica in semiotica estetica della Poesia “Poesia triste” di Giuseppina Crifasi

È triste il sentimento della Crifasi nel senso archetipico del termine sanscrito, che connota la ruvidità al tatto della coscienza di una realtà aspra, poiché scabrosamente deprivata dall’armonia lieve e piana della sintesi leviga che fonde, sognante, l’amante all’amato. L’attesa definisce l’uomo in una dedica, in un’offerta che brucia di se stesso sull’altare della parola, in una preghiera che solleva la domanda disperata di un infinito perduto, finanche l’ultimo respiro sia il suo nome, a riconoscersi nell’altro.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti