Critica in semiotica estetica dell’Opera “Tate Museum” di Daniele Porchera
Fra luce e temporalità, nel movimento si sofferma la percezione fotografica del Porchera. È l’istante di messa in scena del luogo umano, che nuovamente viene alla luce, non appena iscritto nella luce di uno sguardo che gli è esterno: rinascono i guardati, gli immessi nel doppio del desiderio di desiderio, i fotografati alla luce della parola, che li rinomina. Soglia dell’umano è la costruzione di una visione e la rappresentazione dedalica mostra che per ogni umana parola, che definisce al dilucolo di coscienza, resta libero un nucleo di movimento inconscio: qualcosa di non convenzionale, qualcosa di umbratile e muto.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia