Spiaggia e tramonto
Sulla riva spoglia,
il Maestrale sfilaccia
anche l’ultimo ombrellone.
Ha smarrito, l’aquilone,
il filo di matassa
già, dal destino, dispiegata.
S’appiglia e impiglia
a nudi tronchi,
colonne d’altri tempi,
per metà sepolti dalle sabbie.
Giace l’ombra mia,
confusa con quella del tramonto,
avvolta da sentori arcani,
presagio d’altra sponda,
in cui sono forestiero.
Nell’osteria, laggiù, sul molo
è crollata, dei sogni, la lanterna,
mentre un faro senza tempo,
tra orizzonte e mare, appeso,
lampeggia la sua nebbia.
Questuo, tra gli angoli della notte,
una stella fissa e viva.
Come canuto bimbo,
credo ch’ogni cosa,
sia solo per me nata.
Nel petto sempre tocco,
il formicolio della Sorgente,
che volevo a tutti sconosciuta,
ove ogni mio coniglio o lupo
ancora si disseta ed accovaccia.
Alberto Lotti
Critica in semiotica estetica della Poesia “Spiaggia e tramonto” di Alberto Lotti
Iconicamente viva in presenza, la parola del Lotti rappresenta la dialettica fra libertà e necessità destinante, quale fatale Moira filatrice di vita e fissatrice di sorte, nella consapevolezza dell’ineluttabilità della dimensione altra dell’ombra, della notte, della morte. La curvatura del tempo riconduce la destinazione alla provenienza e più non scorre lineare ed orientante ad inseguire il desiderio. L’avversione del destino è vincibile dal poeta a mezzo di una espiazione purificatrice, di una catarsi dell’emozione, oltre la dicotomia di bene e male, che sublimi nella suprema conoscenza, che ogni alterità reintegra all’unità.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti