Sinestesie ospedaliere
Strano ossimoro,
la sigaretta dell’infermiere:
per alcuni necessaria epifora
di un rito quotidiano,
come il lavaggio sociale delle mani.
Snebbia,
(soluzione idroalcolica
per eccesso emozionale),
frizionando il ricordo del lavoro,
falange dopo falange,
nella prospettiva
di cosa che svapora,
che dirada via,
anche se lascia a segno
catrame per i bronchi
che potrebbe un giorno,
forse,
chissà,
non voglia mai Dio,
flettere zampette
come un ragno sulla tela
e riportare a galla
ciò che s’era ingoiato,
credendolo soffiato via.
Alessandro Izzi
Critica in semiotica estetica della Poesia “Sinestesie ospedaliere” di Alessandro Izzi
Tragica, la parola dell’Izzi inscena la dimensione effimera del gesto apotropaico, posto in atto dal personaggio che incarna il ruolo del salvatore: questi indarno tenta un rituale che esorcizzi il timore della morte. Tesse la figura la coltre nembosa, la tela di un velo di Maya illusorio, a rimuovere brevemente ciò che impietoso minaccia di tornare: un’aracne psicopompa della volontà occulta di quell’oltre fatale.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti