Mi guardo ed è buio
Qui ti scrivo,
con le parole che non so dire,
nel disordine di un giorno qualunque,
mentre piove sul viso del tempo.
Scrivo parole spaiate,
che trovo confuse
nel disordine dei nostri sguardi.
E cerco risposte
tra le cose lasciate, nei discorsi rimasti sospesi
nei luoghi di noi camminati e vissuti.
Qui,
mentre trasformo in corniola l’ultimo chiaro
di questa lunghissima estate.
E mi assorbo nel cielo maturo.
Mi guardo ed è buio.
Ora che torna il rumore
e che il giorno ha da poco lasciato la notte
e la pioggia che parla sui viali è risposta
di tutte le volte che ho atteso;
che il silenzio parlasse al silenzio.
Ed è giorno, ed ho pianto.
Nunzio Buono
Critica in semiotica estetica della Poesia “Mi guardo ed è buio” di Nunzio Buono
Profondamente catartica, la parola del Buono invita dalla sinestesia tattile, alla personificazione fisica finanche del tempo, perché ogni tacita indifferenza oggettuale trasmuti in espressione emotiva, in chiasmo di riconoscimento. Ogni parola smarrita anela a sorgere dal riguardo dello sguardo, a tergersi dagli occhi, ogni luogo ad essere animata eco battente di un’unica vita essente. Come Osiride, il poeta affronta il sacrificio rituale di morte, che deriva dalla disarmonia degli sguardi, dalla nigredo, a cogliersi al cielo stesso in anima unica, alla rubedo della corniola che rifonde la domanda dell’uomo alla risposta del mondo, per la rinascita della coscienza.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti