Critica in semiotica estetica dell’Opera “Riposo” di Victor Vergauwen
Le campiture ad inserzione del Vergauwen rivelano il mondo quale luogo di estraneità e inerzia, infino a quando l’uomo non vivifichi le due pelli, umana e terrestre, nel piacere che unisce il dritto e il rovescio del percepire e del rimembrare: i sensi aggettano sul molteplice sensibile del mondo e raccolgono la fuggevole forma delle impressioni presenti, entro l’orma lasciata dalla propria storia archetipica inconscia e collettiva. La rêverie del riposo è allora al bacio combaciante, mai pieno, mai esaustivo, delle forme della percezione del mondo con le orme della memoria primaria, ricognitivamente, ove ogni sentire si annida in un già sentito, per quell’inconfondibile sentore di affinità, nascosto alla rappresentazione cosciente quanto palese a quell’accordo emotivo inconfondibile, sulle note sinestesiche di un ricordo immemoriale.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti