Il figlio velato
(lamento di madre in memoria di KR46M0, bambino perito nel naufragio di Cutro)

Ora che sono qui con il sussulto delle mie scapole
genuflesso sul tuo silenzio
come la nuca di un seme di pioggia
sul pendio del temporale,
hijab di foglie che si lascia andare
assaggiando la clemenza dell’aria
vorrei riscrivere il mio essere madre,
adattare la combustione smagliata delle palpebre
al sonno delle tue labbra
sfiorare ancora, come allora, i confini incerti
della tua pronuncia prima che l’ustione del cielo
piova senza respiro sul palmo di un apostrofo di rugiada.
Hanno detto che le onde portavano l’impronta del buio,
lo spicco sudato dei fiori di legno a scolpirti la fronte
e tu disteso come la quiete della luce nel lampo
nutrivi la sabbia di sale e pietà
mentre l’impazienza del vento rivestiva il tuo corpo
dei contorni di un’alba senza ciglia né parole
e di tutte le gradazioni intatte dell’azzurro.
E così sono qui ad un soffio dal respiro che disegna
un orizzonte di grafite sulla longitudine del tuo nome
e una benedizione pulita di brezze
a tracciare un rammendo di pietre miliari indicandoti il paradiso.
E così maledico l’afasia dei miei occhi
che non sanno cedere all’assedio delle lacrime.
Vedi, non ho che carezze sdrucite da gesti che franano, decisi,
dal sentiero ghiaioso del labbro al palato; vi passo leggerissima
come la mano tentennante di una corolla sulla gota di un filo d’erba
ad imitare la tua che mi sfoglia il grembo scarno fino all’ultima pagina.
Ricomincio così aggrappata al di qua di questo attimo infinito,
al naufragio dei lineamenti del mio volto nel tuo
mentre vado adagiando questo velo di quiete sul tuo riposo eterno
e sul sorriso che rifletterai sulle acque limpide del volto dell’Eterno.

Stefano Baldinu


Critica in semiotica estetica della Poesia “Il figlio velato” di Stefano Baldinu

Opima e indomita, la parola del Baldinu, con alchimia sapienziale, è un coacervo inarrestabile di sinestesie, che l’inaudito dolore materno, per la perdita del figlio, sublima in sacertà divina. La finitudine del confine identitario si fa infinita libertà anonima, nella consustanziazione unitaria dello strazio e dell’orrore del molteplice, alla catarsi della connaturazione al grembo materno, al grembo naturale, al grembo d’eterno.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti