Echeggi d’antica speranza
I Michelangioli

Let the whiteness of bones atone to forgetfulness
(T. S. Eliot)

In comunella col caso fa mostra
d’estrarci a sorte una forma di vita
il destino; risulta
essa sola però

la più consona l’ottima

l’unica che sempre s’adatti
a perfezione alla nicchia che scheggia
per scheggia scalpelliamo
col martellio dei minuti dal blocco
degli anni – assiduamente,
pazientemente asportandone i giorni

e combaciano gli atti / e gli eventi a venire
in rispondenza al millimetro esatta
con l’istante al presente

e – del superfluo smagrito – il macigno
la figura che in sé
/ già scolpita serrava / ora a nudo sprigiona:

una statua di scheletro –
un biancheggiare – un persistere d’ossa

che in nient’altro consista?
e che s’ultimi qui?
e che qui si compendi
la sostanza l’essenza
il traguardo la meta
e il motivo d’esistere?

in corpo ai vivi s’agglomera il tempo –

nella calce di teschi
e di femori aggruma,
di costole e tibie, d’ossame –

a lungo oltre il loro sparire

nel mentre solleva speroni
di marmo sui dorsi d’Apuane

quasi aspettasse alta carne permane

sebbene neppure un fantasma
possa ormai supportare

Joseph Barnato


Critica in semiotica estetica della Poesia “Echeggi d’antica speranza. I Michelangioli” di Joseph Barnato

Drammatica, la parola del Barnato rifonde necessità e libertà, sottraendo il soverchio del tempo lineare per il luogo eterno dell’essere, che fa della potenza l’atto, essenziale. La creazione d’arte umana resta in lapidee ossa di tempo, come ad attendere una veste di vita superna e sempiterna, sebbene sia solamente, di un nulla ad essere, l’espiazione rituale di sofferenza.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti