Nel grido delle cose morte

Nel ceduo virente di muschio,
quasi un’uggia che si allunga,
il mio ricordo è intrico di rami
a penetrare un tronco sradicato.
E sono coltello confitto
nel grido delle cose morte,
nelle occasioni perdute,
in tutto ciò che più non può essere,
se non in quest’oscura inosculazione,
in questo mio forzare la linfa
sotto la scorza scagliosa
a darti ancora vita,
anche se solo tremolante tra le foglie irte.
Eppure,
sebbene sappia che la tua voce
solo risuona nel mio silenzio,
e che la tua luce
solo respira nella mia ombra,
trovo sempre conforto nelle gemme che,
a ogni stagione,
erompono dal legno e fanno primavera,
donando al tuo passato un senso
che riscalda come il sole
ogni mio sguardo sul futuro.

Alessandro Izzi


Critica in semiotica estetica della Poesia “Nel grido delle cose morte” di Alessandro Izzi

La parola assiale dell’Izzi scuote il rimosso, quale inerte altro da sé, a reintroiettare la scotomizzazione del perduto. La memoria inconscia dei sensi vivifica la verità oltre l’apparenza, ricongiunge gli opposti a rinascere dal tempo circolare del senso. È il passaggio ontico dalla libertà d’immaginazione all’immaginazione di libertà di vita, possibile progetto di futuro.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti