Note di notti che forse infinite
Note di notti che forse infinite
al cielo donavano i ruggiti dell’anima,
e le stelle chiamavano a testimoniare
dell’inestinguibile alchimia;
nel nascondimento di brividi giungevano,
per le frasche che il vento frustava.
Tutto nei decenni, l’unico pensiero
di cui osavo invaghirmi, una morte nuova.
Così gli astri rapivano la mia essenza,
e appeso il mio essere, ai baci della luna.
Daniele Giovanni Baccaro
Critica in semiotica estetica della Poesia “Note di notti che forse infinite” di Daniele Giovanni Baccaro
Sospesa e anelante, la parola del Baccaro rifonde nel grembo della notte l’uomo alla natura, ascolta l’anima del mondo e la sintesi degli opposti, a fiorire al lucore obrizo delle stelle l’unità sapienziale, che solleva l’orizzonte umano all’oggetto divino. È una spiritualizzazione della materia, per il tramonto e la palingenesi della coscienza.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti