Non parlate al conducente

Dedicato alle 85 vittime della strage della Stazione ferroviaria di Bologna
ed all’autista del Bus di linea n.37 che venne utilizzato
per il trasporto dei corpi verso l’obitorio

Ha il fragore di un tuono lontano,
temporale posticcio d’agosto…
poi è la genesi del crudele ossimoro
di un silenzio alieno che urla.
La Centrale è un corpo spolpato, un arto amputato,
stuprata ed irrisa da spire di bruma biancastra
che cala incollata all’inerzia di un giorno latente.
Bologna è una tela di Lucio Fontana,
“un concetto spaziale”;
lo sfregio è Babele di strazi,
testamento da bocche aggrappate
a un’ultima ipotesi d’aria.
Quella chincaglieria di corpi
si fa macedonia di fibre scomposte, impiastrate,
macerate di calce;
olocausto su un’ara di pietra deforme.
Il mio bus tramandava memorie di corse,
era automa pedestre di andate e ritorni;
un’arca ambulante di umori,
misticanza di intenti, di risa, bestemmie e quesiti;
era sbornia di vita.
Ora ali bianche di gabbiani
avvolgono la pietà di spoglie pesanti,
sudari sfrangiati da braccia che pendono inerti,
e grondano un alfabeto Morse di sangue.
Li hanno impilati come mummie,
schedate sul pianale che ancora sapeva di scarpe,
questi passeggeri garbati e silenti
di un ultimo viaggio irreale.

È da allora che guido distante,
con gli spettri gioco a rimpiattino
e lo sterile accatastarsi dei giorni
è un suffragio maligno e insistente;
parodia di un cartello che impone:
“Non parlate al conducente”.

Marco Pezzini


Critica in semiotica estetica della Poesia “Non parlate al conducente” di Marco Pezzini

Un coacervo di attonite metafore è la parola del Pezzini, che indossa le infauste maschere coscienti di un dolore, che resta sempre estraneo e ineffabile. In un calvario di sensi travolti dalle reificanti sinestesie, a sempre nuovo rituale nefasto, la figurazione formale è il sintomo esule di un sentire implacabile, che solo può esorcizzare la datità della morte nell’amarezza sensibile dell’ironia.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti