Baraggia
Sulla vauda abbandonata,
vecchio solitario dal viso
intagliato col sole
odi voci andate,
ricordi di serate ai crotti
o sul selciato dell’aia,
danno stura a sentimenti
che fasciano l’immobilità
del corpo nell’attesa
del tempo presente.
No orpelli, no il mutare
d’amore per terra bagnata
e spoglia, scura orfana
di gesti e cure, ma onusta
di pacata solerzia,
mai persa nell’antico sorriso.
Gabriella Capone
Critica in semiotica estetica della Poesia “Baraggia” di Gabriella Capone
D’appartenenza essente, la parola della Capone accarezza e ridesta i ricordi dei sensi,
rifondendo di sé al luogo memoriale, per la catarsi del distacco. La poetessa trova il volto stesso della terra e stringe il chiasmo fra senziente e sensibile, a rinascere la continuità della presenza dall’indistinzione dei sorrisi.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti