Fuga dalla città

Me la ricordo quella sera d’estate.
La fuga dalla città, il ristorante sul lago,
Il cielo stellato, la luna e le barche
che si specchiavano sull’acqua.

Me la ricordo la musica che arrivava
soffusa e discreta dalle balere
e attutiva il battito dei cuori.

Me le ricordo le lenzuola bianche
ricamate come pianure colorate
mentre la luce gialla di una lampada
racchiudeva i sogni in una stella.

L’alba arrivò in fretta e ci colse
all’improvviso nudi e smarriti nella
luce che ci abbagliava, sospesi in
un tempo senza tempo, quasi irreale
che sapeva solo di magia.

Anche stasera il cielo è stellato.
La luna e le barche si specchiano
nell’acqua, c’è aria di festa e i fuochi
d’artificio colorano l’aria.

Ti cerco tra le bancarelle sparse sul viale,
tra la musica dolce che arriva da lontano
e si confonde col vociare dei ragazzi
seduti sulle panchine abbracciati
e innamorati dell’amore.

Ti ritrovo nel quadro di un pittore
mentre seduto all’angolo del viale
è intento a spiare gli sguardi indiscreti
dei passanti che si posano indifferenti
a fissare l’eterno di un dipinto.

Tutto appare come allora, soltanto
il tempo non è più un alleato, testimone
di una vita e di un amore nascosto
come nido in una nuvola di cielo
nella cattedrale del tempo.

Rosy Gallace


Critica in semiotica estetica della Poesia “Fuga dalla città” di Rosy Gallace

Narrante, la parola della Gallace vince la dimensione lineare del tempo nella sinestesia, che restituisce la presenza del perduto. Il dipinto interiore della memoria sublima la finitudine all’infinito, affida il divenire dell’istante all’eternità e la materia trascende al respiro sponsale dell’anima.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti