Parole, mie sciabole
Ho capito, ho capito ora
lasciatemi andare
vorrei dire a chi ha capito meglio
a chi da questo coma
che vigile sorveglia la mia vita
sa di me quel che io ignoro,
come sono, cosa voglio,
e delle mie poesie:
aria stralunata in una bocca.
Ho capito, taccio
quel che avrei dovuto
chissà da quanto, da sempre
forse, o perlomeno
da quando ho creduto
che quel poco da dire fosse per tutti,
e buono, e mio.
Mio
è solo ciò che ho letto e dimenticato,
mia la vertigine, il volo,
io che rido quando
nessuno vede.
Ho capito,
farò silenzio.
Parole, mie sciabole, dite come.
Alba Gnazi
Critica in Semiotica Estetica della Poesia “Parole, mie sciabole”
di Alba Gnazi
Il gesto rapido, acuto e tagliente della parola della Gnazi corre fra dolore e rapimento, fra la consapevolezza che mutila la verità e la meraviglia della sinestesia dei sensi che ricongiunge e reintegra, fra la fuga inarrestabile e curva della parola cangiante e il desiderio della stasi centrata del silenzio, fra sguardo vedente e sorpresa dell’invisibile, fra vissuto intimo e dono universale, fra esistenza e attribuzione, fra contaminazione e illibatezza, fra ordine e ironia e fra memoria e oblio. È la parola la maniera, il ritmo, l’improvvisato passo andante del silenzio.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti