L’inganno di un cielo stellato
Attendevate stelle cadenti
in quella chiara notte d’estate,
foglie di luce arrese al soffio
a nutrire terre feraci,
ma caddero pietre spente
dai soffitti di case tremanti
com’alberi scossi dal vento,
e sugli incerti castelli della riva
non ebbe coscienza
l’onda vigorosa del mare.
S’affrettò qualche omuncolo giocoliere
a costruire cattedrali di parole
tra i detriti di morte plurale,
mentre un alito sinistro zufolava
tra le case sbudellate
e un eroe senza nome vangava
zolle umide di dolore
con unghie di terra spezzate.
Ho cercato ragioni bussando
alla fede che ho potuto
tra le porte che non s’aprivano
e le voci che non s’udivano,
ho urlato parole roventi
e i miei occhi hanno pesato
di lacrime arrampicate
troppo a lungo represse
a immaginare
gli amori e i gesti e le ore dissipate.
All’ombra di un dolore antico
eppure nuovo,
asciughiamo oggi lacrime di roccia
nel ricordo di chi è stato,
e imploriamo a un poeta
poche parole sommesse
mentre la luce opaca di un tramonto
pare già apparecchiare
l’inganno di un altro cielo stellato.
Francesco Palermo
Critica in Semiotica Estetica della Poesia “L’inganno di un cielo stellato”
di Francesco Palermo
Melodico ed elegante, il verso metaforico del Palermo canta dell’illusione d’eternità dell’umano, della necessaria costruzione di dimorate certezze e dichiarate verità, esposte alla fatalità della distruzione imprevedibile, al crollo smosso da forze indomite, che riducono all’impotenza e costringono al rovesciamento del soggetto agente ad oggetto agito, che perde coscienza di un senso. Eppure, il dolore della perdita mai arresta la ricostruzione del riferimento ad una nuova transitante stellare eternità.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti