Critica in semiotica estetica dell’Opera “L’abbandono” di Vito Fulgione
La condizione nembosa dell’uomo agli acrilici del Fulgione è la dimensione segnica di una mancanza, che rimanda senza fine al luogo umbratile di senso. Unica via d’appiglio a questa sottrazione costitutiva della presenza è la sinestesia dei sensi che, ad eco dell’espansione inarrestabile dell’universo e dell’allontanamento delle stelle, seguono l’effetto doppler delle linee spettrali di una panchina nello spostamento dal blu, al verde e verso l’infrarosso immaginario di un dolore, che tira e allenta sonoramente la frequenza verso il silenzio, alle lunghezze d’onda dell’abbandono inesorabile e progressivo, ancora a trattenere un granello sensoriale, che sollevi la memoria di ciò che non è più.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti