Lode a ciò che annunciano i venti
Dove la musica respira di abbandono ed irradia
dal fondo della fugacità e dal fondo dell’attimo
lo splendore perduto di qualcosa di perpetuo
quando la voce dell’idolo esplora i silenzi
e il pensiero è un’energia che consacra
al divampare e allo scorrere e muta
ogni precipizio in fontana perenne
e ogni melodia insegna a fiorire
all’abisso che trema di una danza antica.
Qui si fondono i secoli nel crogiuolo
e il verso scolpito fugge dall’icona
e torna a sentirsi, anche nel pieno del naufragio,
questa felicità bambina che consente
ogni segreto, ogni deserto, ogni rivolta.
Così, nell’amnio del non detto errano
galassie che sfidano Dio e la sua parola
e noi che siamo eco e frammento di questo
naufraghiamo in ciò che precede ogni sfarzo
nel luogo dove la luce sboccia dal silenzio.
Eugenio Cavacciuti in Arte Ettore Fobo
Critica in semiotica estetica della Poesia “Lode a ciò che annunciano i venti” di Eugenio Cavacciuti in Arte Ettore Fobo
La parola in gloria del Cavacciuti coglie tutta l’armonia della compresenza degli opposti: la molteplicità e il divenire del vento sono le modalità stesse della sacralità dell’essere, che mai scade ad ente, è invece possibilità illimitata d’interpretazione, che congiunge l’istante al valore dell’eterno. Nel grembo alchemico di una volontà di potenza, mondo vero e mondo reale coincidono, nella sintesi della dialettica fra la danza della tensione trascendente e la gravità umbratile dell’abisso. Non c’è verità apofantica, il fanciullo divino infrange i valori precostituiti in un rovesciamento trascendimento, per quell’assenso alla vita, ove necessità e libertà si fondono per un senso nuovo.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti