Critica in semiotica estetica dell’Opera “Visione desertica” di Gianfranco Gobbini
Il flusso cromatico del Gobbini rompe il dualismo mimetico a cercare la dimensione precategoriale e irriflessa nell’energia irradiante del colore. L’onda cromatica è il continuum dell’emozione materica che fonde la pelle umana alla pelle naturale. Il paesaggio è visione liquida e diveniente di una cosmogonia interiore, che dona iridate epifanie di un viaggio originario e archetipico. Il pigmento dello zafferano è il dilucolo aureo e filosofale che nasce dall’ombra, la vittoria sulla negazione, la scelta amante di Krókos, che la finitudine dell’uomo rivolge all’infinita verità deserta, che letteralmente ha fatto abbandono, a rinnovarsi risorgente e consustanziale all’amata, dalla caduta dell’illusione.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti