Critica in semiotica estetica dell’Opera “Essere e tempo” di Fabrizio Nicoletti
Il Nicoletti supera la distinzione specifica dei quattro elementi della materia e, oltrepassando la contingenza del tempo lineare, vince la caducità dell’istante. La natura è luogo di nascita, di morte e di rinnovamento, nella levante appartenenza consustanziale al respiro universale dell’anima del mondo. È un trasporto che eccede l’ente all’essere, la via d’uscita dalla definizione del nome, per attingere alla matrice vitale dell’anonimia immemoriale e plurale dell’ontofilogenesi. La verità umana è in errore, a consegnare all’inevitabile destino di un montaliano male di vivere, che vessa la vita nel dolore de “l’incartocciarsi della foglia riarsa”. Tuttavia, il mundus imaginalis dell’artista verge il carattere effimero del presente in immagini di bellezza e di meraviglia eternante, a rinascere dal grembo gravido della natura che raccorda il dualismo, di tempo e di eternità, di thanatos ed eros, in movimento risorgente. La mancanza ad essere dell’uomo ritorna pienezza originaria, nella potenza configurante della sinestesia dei sensi che redime dalla morte lacerante. Il dolore si affida all’ambiente naturale, nel panico abbraccio grembale che gesta il senso e il valore della vita, per risposta alla domanda d’amore.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti