Teorema

In questo abbuio di sole,
che dentro la voce ti trema,
se gigli ebbri e dimentichi sfogli
e il soffione della tua vanità
si dissolve nella vertigine,
se tieni in mano un’arancia
gustando l’ombra indolente
di una malinconia da principessa,
se precipita il sole nella danza
e il tuo drink è un grimorio
di colori festanti e lasci andare
il precipizio dei ricordi
al volo di una perplessa eleganza,
allora ovunque senti la risata
delle galassie fondersi col suolo,
dove Icaro mi sono schiantato
nell’adolescenza che seppe
la luna riesumare e la sua erranza.

Ho lasciato sul selciato il tuono
di quest’ombra che m’incanta.
Ho lasciato che il vento annunziasse
tutta la liberazione dei secoli
e i segreti impressi nella pietra
imponessero la loro ieratica
maestà d’inanimate divinità.
È così. Ogni parola centellina
grida sopite e poi, davvero intimo,
un fragore di stelle e di serpenti
il prolungato sibilo terrestre.

Eugenio Cavacciuti (Ettore Fobo)


Critica in semiotica estetica della Poesia “Teorema” di Eugenio Cavacciuti (Ettore Fobo)

Fra il mediano e il dimidiante è la parola del Cavacciuti in Arte Ettore Fobo, a guardare profondamente per trovare il segreto del divenire essente, che lega e rilega gli opposti. Finanche lo schianto di una caduta rinsalda la ierogamia del cielo alla terra, la deità alla pietra, perché nella parola dimori l’evento universale.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti