Non volevo far parte del suo buio
I mattini ancora acerbi d’inverno
sono fotografie di cieli in bianco e nero
rovesciati sul sonno, luccichii sommessi
di ruscelli di stagnola dentro orizzonti di carta pesta,
due lampioni a succhiare la dolcezza del buio,
rammendi d’aria sui volti dei ponteggi
ed io che mi preparavo per andare a scuola
stretta nel mio grembiule per mano allo zaino,
il cuore di pastello e grafite aperto come un astuccio
in quella casa che sapeva di presepe
e calze zuccherate di Befana.
Dicevano che la mamma, a volte,
viveva di istanti che correvano
come sulle montagne russe
che i suoi pensieri erano giostre
dalle quali scendeva raramente
e solo per venirmi incontro
con il suo abbraccio fragile di piume e mare.
Anche quel giorno quando mi prese per mano
fino al nono piano del palazzo e ferma
sul ciglio del vuoto sembrava l’ombra di un angelo
di carta carbone a ricopiare il dettato di tutti i silenzi.
E poi ricordo una discesa rapida, interminabile
come una corsa a perdifiato di vento
quando liscia il crinale delle dune
con ali troppo piccole per guadagnarsi un volo
o qualche metro di paradiso
e il cuore a scoppiarmi nel petto come
dopo un volo rasente su di un mosaico d’erba e rugiada.
Così gennaio si stracciava sui teli delle impalcature
come la carta di un regalo aperta da una fretta di mani.
È rimasta sul selciato la scintilla di un giorno mai acceso,
la mia testolina di passero sottratto al suo azzurro
e quella domanda senza alcuna risposta: “Perché lo hai fatto, mamma?”.
Io non volevo far parte del suo buio.
(a Wendi, bambina di 6 anni morta a Ravenna a seguito di una caduta
dal nono piano di un palazzo causata dalla madre suicida)
Stefano Baldinu
Critica in semiotica estetica della Poesia “Non volevo far parte del suo buio” di Stefano Baldinu
La parola opima del Baldinu è un insieme corrente e ininterrotto di metafore, quali maschere di un dolore ineffabile senza catarsi, un dolore a domanda aperta, senza risposta. I sensi leniti e vessati dalle sinestesie volgono al divenire rapido della figurazione quale sintomo ballerino a contenere l’incontenibile verità diretta alla coscienza.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti