Fotografie da Damasco
Cadde
dove il sole era più pallido
per non disturbare i volti in piena luce.
Cadde
un rivolo di sangue
colò caldo dalla fronte, alla terra.
Il colpo
arrivò da lontano
sparato da una fotografia
quella dove suo padre in uniforme
sorrideva ignaro al flash del fotografo,
dove sua madre la stringeva tra le braccia.
Cadde
e vennero in tanti
lì dove il sole era più pallido
anche il soldato uscì dalla piena luce
rise, calpestò il sangue rappreso e strappò la foto
Cadde
ch’era di maggio
sulle ginocchia magre
di donna ancora da venire
la primavera fece un passo indietro
in attesa che il conto dei fiori tornasse e,
dalla fondina, il soldato di Damasco, estrasse un’altra foto.
Massimo Gallo
Critica in semiotica estetica della Poesia “Fotografie da Damasco” di Massimo Gallo
In rappresentazione scenica, la parola del Gallo cerca lo spazio franco e transizionale della fotografia per lenire, nel rimando di significato, il dolore diretto e ineffabile di un delitto. La metafora concede, magnanima, un tempo più lungo all’elaborazione diretta della coscienza, quale maschera dell’incontenibilità e dell’ineffabilità dell’abisso di dolore, d’impossibile catarsi.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti