Brivido febbrile

Stanco era il crepitio dei miei capelli argento
quando ti vidi camminare sui miei desideri
e con lo sguardo curvo, senza voce,
folgorare le mie rughe.

Io ero un albero
che lascia cadere i suoi frutti
che nessuno raccoglie, un poeta
col peso della sua ombra sotto i piedi.

Tu arrivasti come un fiume lucente,
come una nuvola gravida di pioggia…
raccogliesti i miei frutti
e li ponesti in una cesta di cristallo
come fossero doni preziosi
da distribuire al mondo.

Adesso, mentre un sibilo amoroso
penetra ogni giorno nelle mie ossa,
quella tristezza che duole
come cicatrice nella luce, svanisce,
si disperde dentro un vortice di sogno;

e così questo brivido febbrile
che si veste di spine e di carezze
si fa tormenta… e diventa seme.

Michele Ginevra


Critica in semiotica estetica della Poesia “Brivido febbrile” di Michele Ginevra

Narrante, la parola del Ginevra vive la rinascita di sé nel luogo dell’amore, che reintegra l’ombra alla luce. È l’athanor che trasmuta il dolore pungente in corolla d’assoluto, il grembo che risolve gli opposti all’unità, l’eros per nuova alba di conoscenza.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti